La della seconda edizione di IsReal – Festival di Cinema del Reale “Sguardi sul Mediterraneo”, scalda i motori. Organizzato dall’ISRE con la collaborazione di Fondazione di Sardegna e Fondazione Sardegna Film Commission, e con la partnership di TEN – Teatro Eliseo di Nuoro, il Festival, che avrà luogo all’Auditorium del Museo del Costume di Nuoro dal 3 all’8 ottobre 2017 per la direzione artistica di Alessandro Stellino, anche quest’anno si presenta ricco di soprese, novità ed eventi, fin dalla prima giornata. 24 i film in programma, 9 le anteprime nazionali, 8 i film in concorso.

“Per arrivare ha questo risultato” spiega Stellino “abbiamo lavorato alacremente con grande impegno insieme al comitato di selezione, che ha visionato diverse centinaia di film, in parte arrivati attraverso il bando istituito dall’ISRE e in parte sulla base di quanto presentato nei principali festival internazionali d’ambito documentario. Il festival è cresciuto, rispetto all’anno scorso, in questo senso, con un giorno in più di programmazione e numerose opere che verranno mostrate a Nuoro in prima visione. Inoltre il concorso si caratterizza per autori giovani all’opera prima e seconda: ci piace pensare di portare a IsReal il futuro del cinema del reale”.

Il film di apertura del Festival è l’attesissimo Surbiles di Giovanni Columbu, in prima assoluta nazionale dopo il fortunato passaggio al Festival di Locarno. In un’atmosfera inquietante e sovrannaturale, quasi da film horror, in un mondo di inquietudini, sospeso tra sogno e realtà come quello di David Lynch, il documentario racconta le vampire della tradizione sarda: donne cui un tempo veniva attribuita la morte improvvisa e inspiegabile dei bambini. Il regista sarà a Nuoro in occasione della proiezione, accompagnato dalla figlia Simonetta, attrice protagonista del film.

Il film di Columbu sarà accompagnato dal corto documentario di Ignazio Figus La cena delle anime (ambientato a Orune, prende il via dalla preparazione di un banchetto per i defunti, non senza punte di tagliente ironia ma nel massimo rispetto della tradizione), mentre domenica 8, in occasione della cerimonia di chiusura e premiazione, si proietterà Futuro prossimo di Salvatore Mereu, dove si raccontano le storie di Rachel e Mojo, che vagano per Cagliari alla ricerca di un lavoro che non c’è. Realizzato nell’ambito di un progetto di collaborazione tra il regista e l’Università di Cagliari, con studenti impegnati nelle varie mansioni della pratica cinematografica, il cortometraggio è interpretato da attori non professionisti che hanno vissuto realmente, seppur non alla lettera, le esperienze filmate, nell’idea “zavattiniana” che guardare al mondo sia sempre la via maestra per dar voce a un sentimento e raggiungere una presa di coscienza.
“Importante sottolineare l’orientamento del festival legato alla dicitura ‘Sguardi sul Mediterraneo’” aggiunge il presidente Pirisi: “Situata al centro dell’ampio bacino acqueo che la circonda, la Sardegna gode di una posizione privilegiata, costituisce un ipotetico ponte tra la sponda nord e quella sud del Mediterraneo e si fa crocevia tra oriente e occidente, offrendosi come luogo ideale per un dialogo tra terre lontane e culture diverse. E questo, nell’onorare la missione che statutariamente è stata affidata all’ISRE dalla Regione Autonoma della Sardegna fin dalla sua istituzione, vorremmo che fosse, sempre maggiormente, il ruolo dell’Istituto: punto di riferimento per la Sardegna tutta, custode delle sue preziose tradizioni, ma anche rifugio di immaginari, speranze, suggestioni e voci provenienti da oltremare”.

IL CONCORSO INTERNAZIONALE
Ricchissima la pattuglia dei film in concorso cui, anche quest’anno, la giuria principale (composta dalla produttrice Manuela Buono, il regista Alessandro Comodin e il curatore Lorenzo Giusti) assegna un premio di 3500 euro al primo classificato e 2000 al secondo, mentre il terzo premio di 1000 euro viene assegnato da una “Giuria giovani” composta da sette studenti universitari sardi.
8 i film in concorso, tutti d’ambito Mediterraneo:
Dark on Dark di Laurent Thivolle: in una piazza di Tolosa, uno studente universitario incontra per caso il figlio di un re di una tribù del Niger. La sua voce è quella dei subalterni del mondo, discendenti di sovrani che si ritrovano ridotti ai margini della società. In prima nazionale.
Gondwana di Riccardo Giacconi supera le barriere del documentario per raccontare l’unica comunità di Tuareg stanziata in Italia e il loro lungo cammino, tra territori rocciosi da cui affiorano le ossa di un misterioso animale gigante, il mitico “Jobar” che terrorizza i bambini. In prima nazionale.
Con Meteorlar di Gurkan Keltek si va in un Kurdistan violato e sconvolto dalla guerra, dove il caos è imperante: attraverso frammenti di immagini si ricostruisce la narrazione di un presente rimosso, testimonianza di una lotta disperata di un popolo contro l’ingiustizia. In prima nazionale.
In House in the Fields, Tala Hadid (nipote del celebre architetto Zaha Hadid) tratteggia un ritratto intimo e lirico di una comunità berbera che vive da anni isolata sulle montagne dell’Alto Atlante in Marocco e la fine dell’infanzia di due sorelle.
Moo Ya di Filippo Ticozzi racconta il viaggio senza meta di Anthony Modesto Opio, un cantastorie cieco che vive in un villaggio isolato dell’Uganda e che parte – guidato dal suo bastone – per ridefinire le coordinate di un mondo segnato da ferite profonde.
Onomanzia di Fatima Bianchi è la storia del nome Fatima nel suo significato multiplo, città, santa, donna, canto, preghiera: diverse forme di espressione legate a un nome, che permettono loro di superare confini geografici e religiosi, barriere linguistiche e politiche. In prima nazionale.
Rio Corgo di Maya Kosa e Sergio da Costa ci conduce nelle atmosfere sospese e rarefatte di un villaggio portoghese in cui prendono vita i racconti del passato avventuroso dell’anziano Silva, riparatore di ombrelli, contadino, pastore, barbiere, muratore, minatore, giardiniere, clown e mago. In prima nazionale.
Infine, Spectres Are Hauting Europe di Maria Kourkouta e Niki Giannari ci mostra un esercito di spettri che si aggira per l’Europa, intrappolato nei suoi confini blindati: sono i profughi di Idomeni raccontati dallo sguardo lucido e rigoroso della giovane coppia di cineaste greche.

FILM FUORI CONCORSO E EVENTI SPECIALI
Il problema dei migranti è centrale anche in due film presentati fuori concorso: Enjoy the Ride di Ferruccio Goia punta la telecamera sui dispositivi di sicurezza e salvataggio delle vite umane in viaggio tra le due rive Mediterraneo: un’opera cinematografica che è anche un prezioso documento su quanto accade nel Canale di Sicilia. Sulla stessa barca di Stefania Muresu racconta invece i centri di accoglienza per migranti su suolo sardo, respirando con i propri personaggi in un limbo dove il terrore della fuga è ancora vivo e l’illusione di un futuro migliore non ha fatto i conti con la burocrazia dell’Europa in cui sognano di trascorrere la nuova vita.
Imperdibile lo strabiliante The Challenge di Yuri Ancarani: ambientato in Qatar, il film racconta di un giovane sceicco che raggiunge una località in mezzo al deserto, in uno scenario di sfarzo abbacinante, per mettere in atto un’incredibile competizione, che ha come protagonista un falco.
Liberami prende il nome dall’invocazione pronunciata dalle tante persone che affollano ogni martedì la chiesa di Padre Cataldo, esorcista siciliano, possedute dal demonio o forse solo dal male di vivere. Esilarante e terrificante al tempo stesso.
L’Isola di Medea, di Sergio Naitza, è invece un omaggio a Maria Callas nel quarantennale della morte (16 settembre 1977) che ripercorre la collaborazione sul set del film Medea di Pier Paolo Pasolini. Con interviste ai protagonisti del film e materiali dell’epoca si ricostruisce la straordinaria collaborazione tra due artisti che hanno segnato indelebilmente il loro tempo.

OSPITI D’ONORE: MASSIMO D’ANOLFI E MARTINA PARENTI
Ospiti speciali dell’edizione 2017 del Festival saranno Massimo D’Anolfi e Martina Parenti, autori di Spira mirabilis, presentato in concorso al Festival di Venezia. Tra le loro opere in programma a Nuoro anche Materia oscura, documentario sul Poligono sperimentale di Salto di Quirra, luogo di guerra in tempo di pace dove, per oltre cinquant’anni, i governi hanno testato “armi nuove” e fatto brillare vecchi arsenali militari, compromettendo inesorabilmente il territorio e provocando danni permanenti in abitanti e animali delle zone limitrofe.
Nel corso del Festival saranno presentati tutti i film del duo di registi: da I promessi sposi, esilarante ritratto di un’Italia iper-burocratizzata, a Grandi speranze, sui sogni di alcuni giovani industriali italiani in Cina, fino a Il castello, uno dei documentari italiani più premiati di sempre: l’aeroporto di Malpensa diventa la fortezza in cui si sperimentano i processi di sicurezza rimossi dalla società democratica, ma anche l’occasione per un viaggio attraverso le diverse stagioni della vita che si chiude su inaspettate forme d’opposizione al potere.
Gli autori saranno presenti a Nuoro nei giorni finali del festival e saranno a disposizione per incontrare il pubblico e la stampa.

IL CONCERTO DI CHIUSURA

Quest’anno IsReal si chiude con un gran finale. Domenica 8 ottobre, alle 21,30, l’attesissimo concerto-evento: sul palco del TEN di Nuoro si esibiranno per la prima volta insieme due tra le voci più autorevoli della Sardegna contemporanea: Iosonouncane e Paolo Angeli. “Innovatori con radici”, Angeli e Iosonouncane costituiscono un esempio importante del come la tradizione debba trovare, nella società attuale, un’evoluzione dei suoi linguaggi arcaici, collocandosi nel difficile confronto con il presente, senza cadere nella tentazione dell’oleografia. Nella loro musica, carica di elementi ancestrali e di evocazioni difficilmente catalogabili in un genere musicale, si respira l’isola con tutte le sue sfaccettature stilistiche. Un’espressione creativa che dipinge paesaggi sonori d’avanguardia e, allo stesso tempo, riporta al solco dell’aratro e alle variazioni minimali proprie di un arazzo realizzato al telaio.

Ormai manca poco: IsReal2017 è pronto a stupire. Il Festival dell’Auditorium del Museo del costume di Nuoro, in programma dal 3 all’8 ottobre, anche quest’anno si presenta ricco di soprese, di novità e di eventi, fin dalla prima giornata.

Il film di apertura del Festival è infatti un’anteprima nazionale: l’attesissimo Surbiles, di Giovanni Columbu. In un’atmosfera inquietante e sovrannaturale che ricorda quella dei film horror, in un mondo di inquietudini, sospeso tra sogno e realtà come quello di David Lynch, il documentario racconta le vampire della tradizione sarda: donne cui un tempo veniva attribuita la morte improvvisa e inspiegabile dei bambini.

Ricchissima la pattuglia dei film in concorso, di estrazione internazionale, cui anche quest’anno la giuria (composta da Manuela Buono, Alessandro Comodin e Lorenzo Giusti) assegna un premio di 3500 euro al primo classificato, duemila al secondo, mille al terzo.

Cinque le opere fuori concorso. Tra le più attese, L’Isola di Medea, di Sergio Naitza, omaggio a Maria Callas nel quarantennale della morte (16 settembre 1977) della Divina.

Ospiti speciali dell’edizione 2017 del Festival saranno Massimo D’Anolfi e Martina Parenti, autori tra l’altro di Spira mirabilis, presentato in concorso al Festival di Venezia. Tra le opere presentate a Nuoro c’è Materia oscura, documentario sul Poligono sperimentale di Salto di Quirra.

Tra gli eventi speciali, nel ricco programma spicca Futuro Prossimo, la nuova produzione di Salvatore Mereu, dove si raccontano le storie di Rachel e Mojo, che vagano per Cagliari, novelli Godot, alla ricerca di un lavoro che non c’è. Realizzato nell’ambito di un progetto di collaborazione tra il regista e l’Università di Cagliari, con studenti impegnati nelle varie mansioni della pratica cinematografica, il cortometraggio è interpretato da attori non professionisti che hanno vissuto realmente, seppur non alla lettera, le esperienze filmate, nell’idea “zavattiniana” che guardare al mondo sia sempre la via maestra per dar voce a un sentimento e raggiungere una presa di coscienza.

Quest’anno IsReal si chiude con un gran finale. Domenica 8 ottobre, alle 21,30, l’attesissimo concerto-evento: sul palco del TEN di Nuoro si esibiranno per la prima volta insieme due tra le voci più autorevoli della Sardegna contemporanea: Iosonouncane e Paolo Angeli.

Dicono “il tempo è denaro”, e dicono una menzogna. Il tempo è ricordo, e il ricordo è il passato che si accresce avanzando. Cecilia Mangini lo sa. Cecilia è una ragazza di novant’anni. Ne ha venticinque nell’estate del 1952 – appena sette anni dopo la guerra – quando affronta il primo volo. Condotta dal ricordo omerico di “un’isola circondata da pietre galleggianti” trova approdo a Lipari. Porta con se solo una macchina fotografica, una di quelle reflex – la Zeiss SuperIkonta 6×6 – che fanno apparire d’un tratto le immagini nella camera oscura, come miraggi. Scatta fotografie oniriche, in un’estate “dal biancore assoluto, come in uno stato di ubriachezza”.

I soggetti sono donne, bambini, ragazzi, mai un adulto. E’ iniziata la modernità: l’homo faber si è fatto migrante, “sa dove sta andando? In giro per il mondo, ma soprattutto in Australia”. Le cave di pomice sono un set neorealista a cielo aperto, che Cecilia attraversa in lungo e in largo, concedendosi tutti i punti di vista possibili, come un consumato professionista. E’ solo una ragazza. Da Lipari a Panarea il passo è breve: un’altra isola, un altro mondo, il tema ricorrente sono i ragazzi del luogo, tutti più o meno coinvolti nel quotidiano ménage casa-lavoro-famiglia. Ragazzi pastori, pescatori, che attendono alle faccende domestiche, alle incombenze del minuscolo indotto turistico. E’ una scoperta che abbaglia. “Torno a Roma emozionata”, racconta. “Ho visto un mondo che nella propaganda del Dopoguerra non esiste. Quando quelle immagini compaiono come d’incanto, una dietro l’altra, capisco una cosa: io sono una fotografa”.

Oggi quelle diapositive riemergono dall’oblio che le ha ammantate per sessant’anni: l’autrice le ha regalate per le collezioni dell’Isre, l’Istituto superiore regionale etnografico, e dal 21 settembre (ore 18,30) al Museo del costume di Nuoro saranno fruibili al pubblico in una mostra, “Isole”. “Torno in Sardegna dopo un’assenza lunga quasi sessant’anni, ma di quest’isola non ho dimenticato nulla” – spiega, facendo roteare uno sguardo incredibilmente vivo. Conserva nella memoria ogni istante vissuto come una diapositiva: è il suo ricordo la mostra più affascinante.

“Arrivai a Olbia alla fine degli anni Cinquanta, chiamata dall’Istituto Luce che mi affidò una commessa dell’Anas: stavano realizzando dei documentari sulla nascita delle strade in Italia, a me affidarono le riprese della Carlo Felice. Ho impresso il primo sguardo che mi si posò addosso: ero ancora “il continente”. Quello sguardo di una fierezza radicata era figlio non tanto dell’ isolamento, quanto di una totale, assoluta libertà. In Sardegna non scattai fotografie – ero molto concentrata sulla narrazione– ma conservo moltissime immagini: sono impresse, ieri come oggi, nella mia memoria. Uno stagno di un Molentargius non ancora Parco, popolato di pescatori solitari: uomini soli carichi d’amore. Una giornata di febbraio, quando arrivata dall’inverno romano a Nuoro trovai la primavera. Era piazza Satta, un luogo metafisico, che mescolava realtà e finzione: un prato in technicolor. Li vede gli asfodeli? Li sente i profumi? Bene: io ho ancora negli occhi i volti di quei ragazzi, i loro occhi infuocati che giocavano all’aperto. Erano già così moderni: felici di tutto, anche di essere ripresi.

A Bolotana scoprii che la vita ti dà due possibilità, quando sei isolato: puoi decidere per l’abbandono, oppure per la rivolta. E qui la gente reagiva. Scoprii che nell’abbandono i sardi si sentivano diversi, e fieri di questa alterità. Se dovessi usare un aggettivo direi: orgogliosi. Girai un documentario per la Rai, “Domani vincerò”, in una palestra spontanea nata in un paese. Sa cos’era? Era una catena di montaggio della felicità.

Oggi, domanda? Oggi le isole non sono più quelle di allora: sono state rovesciate come un guanto. In Sardegna arrivano turisti come onde, la considerano – a ragione – un paradiso terrestre. Panarea e Lipari sono diventate i pied-à-terre dei miliardari di ogni mondo. Però… però per fortuna – per un miracolo – questo cambiamento non ha compromesso l’anima più profonda delle isole: la bellezza del paesaggio. Forse lei non ne è del tutto consapevole, ma la sua isola è uno dei più bei posti del mondo. Per questo sono felice di averci rimesso piede: tornare per me è stata una trasfusione di energia”.

Jordi Morato vince la prima edizione di IsReal
La giuria premia “Sobre la Merxa”, film spagnolo del 2014

Si è chiusa con un grande successo di pubblico la prima edizione di IsReal, il Festival di cinema del reale della città di Nuoro.

Il primo posto. Vince “Sobre la Marxa” di Jordi Morato, la storia un uomo che per sfuggire alla civilizzazione costruisce vere e proprie città immaginarie. Garrel, il protagonista, è un personaggio originale, un utopista e un esistenzialista sui generis: sogna un mondo lontano dalle costrizioni sociali e si richiama a una vita atavica.

Questa la motivazione della giuria: “Per aver voluto dare voce a una vicenda che, attraverso l’arte, si propone come un atto di difesa etica universale contro il conformismo e gli squilibri del mondo contemporaneo, per la capacità di reinterpretare lo stile documentario in maniera personale e riflessiva, non meno attraverso un utilizzo originale e ironico del film amatoriale”.

La trama. Garrell, conosciuto anche come il “Tarzan di Argelaguer”, ha costruito maestose torri di legno, palafitte, pontili e inestricabili labirinti nel bosco accanto a un’autostrada catalana. Nella sua avventura folle e solitaria lo segue un ragazzino armato di videocamera che lo riprende mentre sfida il progresso e la civilizzazione, inneggiando a un ritorno alla natura. In molti gli metteranno i bastoni tra le ruote ma Garrel, imperterrito, andrà avanti a edificare il proprio sogno di autonomia, finendo per essere riconosciuto un’artista di rilievo dell’Art Brut. Attraverso il ritratto di un uomo ostinatamente enigmatico, Morató racconta il desiderio di fuga dalle costrizioni sociali e il richiamo atavico di una vita avventurosa, lontana dagli agi della modernità, ma anche l’afflato libertario dell’uomo deciso a sottrarsi al dominio delle macchine. Il tutto in un’affermazione del sé che passa attraverso il gioco, l’arte e la messa in scena cinematografica amatoriale.

L’autore. Jordi Moratò (1989, Torelló, Barcelona) si è diplomato alla Emav, Scuola di Media Audiovisivi della Catalogna, e in Comunicazione audiovisiva all’Università Pompeu Fabra (UPF). Ha completato i suoi studi a Buenos Aires. Ha diretto alcuni cortometraggi documentari e ha lavorato come operatore e montatore in diversi progetti cinematografici, pubblicitari e televisivi. Sobre la marxa è il suo primo lungometraggio.
Il video del vincitore: https://www.youtube.com/watch?v=wx9x2mTWZXg

Il secondo posto va a “Sponde.
Nel sicuro sole del nord”, di Irene Dionisio.
Questa la motivazione della giuria: “Per la capacità di trattare la grande tragedia della contemporaneità in modo poetico per il tramite dei due protagonisti, testimoni di una guerra che si consuma ai confini del mondo, e per esser stata capace di metterne in luce la profonda umanità e la tensione universale attraverso una forma narrativa essenziale ed efficace”.
Qui il video: https://www.youtube.com/watch?v=Qamqdxh33S4

La trama. Tra Lampedusa e la Tunisia vi sono appena 60 miglia di mare, una distesa d’acqua nella quale ha luogo una tragedia umana di drammatiche proporzioni. Su rotte funestate dalla morte si apre una corrispondenza inedita. Mohsen Lidhabi, a Zarzis, sulla costa nordafricana, e Vincenzo, a Lampedusa, sono due uomini legati dallo stesso destino: il primo conserva in un museo a cielo aperto gli indumenti dei cadaveri e gli oggetti riportati a terra dal mare in tempesta; il secondo, custode del cimitero in pensione, offre una degna sepoltura ai corpi dei migranti senza vita. La relazione epistolare tra Mohsen e Vincenzo disegna una nuova geografia del dolore: quella di coloro che, agli estremi opposti della rotta migratoria, rimangono fermi. Sponde offre uno sguardo sincero sulle vite di due uomini che compiono un atto coraggioso di resistenza, e di due comunità che convivono quotidianamente ai margini del dramma sociale rifiutando lo stato di impotenza

L’autrice. Irene Dionisio (Torino, 1986) è laureata in Filosofia Estetica e Sociale presso l’Università di Torino. Ha successivamente frequentato il Master in Cinema e Filosofia all’Università di Amiens (Francia del Nord). Prima di Sponde ha realizzato il documentario La fabbrica è piena – Tragicommedia in otto atti (2012). Ha appena terminato il suo primo lungometraggio di finzione, Le ultime cose, prodotto da Tempesta Film.

Il terzo posto. “Dall’oralità del camino, alla sala del cinema: Triokala emana il calore di una piccola comunità che vive di contrasti tra esotismo e religiosità. La regia è contemplazione, è analisi spaziale e sociale. Premiamo, in particolare, l’audacia del giovane regista coscienti del fatto che le tradizioni appaiano – a chi le vive da vicino – come un grande mostro infuocato difficile da far uscire aldilà delle montagne”. Con questa motivazione la Giuria giovani – composta dagli universitari Chiara Atzori, Carla Foddis, Stefania Gessa, Emanuele Mallocci, Maria Federica Piana, Alberto Piras, Daniel Sappino e Gilda Satta – ha deciso di assegnare il terzo premio (del valore di euro 1000) a Leandro Picarella, per il suo Triokala.

La trama. All’estremo sud della Sicilia si trova un piccolo paese arroccato sulla cima di una montagna. Il suo nome è Calabellotta, ma gli antichi greci lo chiamavano Triokala per via dei tre doni ricevuti da Madre Natura: la fertilità delle sue campagne, l’abbondanza delle acque e la roccaforte che si erge sul picco della montagna. Nello sguardo di Picarella si cela la volontà di ricercare una cosmologia perduta. Laddove la modernità sembra aver cancellato le tracce delle antiche liturgie e dei saperi del luogo, Triokala ristabilisce una sorta di ordine naturale in cui gli elementi, gli oggetti, la materia, le credenze e i corpi soggiacciono a una volontà superiore, mimetizzata tra gli esseri umani, nei loro volti, nella relazione con gli animali, tra le rocce della montagna che sovrasta maestosamente il paese. Dalla nebbia che avvolge Calabellotta sembra riemergere un universo panteista, in cui i segni della modernità si riducono a un mero cortocircuito nell’immensità dei cicli vitali.

L’autore. Leandro Picarella (Agrigento, 1984) dopo gli studi in musicologia e letteratura italiana si diploma presso il Centro Sperimentale di Cinematografia di Palermo, specializzandosi nel documentario. Tra i suoi lavori vi sono Scolpire il tempo (2013) e Dio delle Zecche, storia di Danilo Dolci in Sicilia (2014), in collaborazione con Giovanni Rosa. Triokala (2015) è il suo primo lungometraggio.

Le dichiarazioni.
Il direttore artistico Alessandro Stellino è soddisfatto: “Il pubblico ha accolto bene la nostra proposta e il gradimento sulla qualità dei film trasmessi gratifica gli sforzi di tutti quelli che hanno lavorato per il festival. La scommessa, sottolinea Stellino, è stata vinta: portare in sala un pubblico che non sia solo di addetti ai lavori ma composto da più profili. I giovani, coloro su cui il festival ha puntato, sono arrivati e hanno trovato lo spazio che meritano. Pietro Marcello ha arricchito, con la sua presenza e partecipazione, all’evento che Nuoro merita.
Anche Giovanni Columbu, Presidente della giuria, è soddisfatto. La qualità dei film proposti, la giovane età dei registi, parlano di nuove prospettive che ampliano il panorama cinematografico. Conferma il lavoro di selezione di Stellino e si congratula con Pietro Marcello, per la visione poetica con cui ha raccontato “Bella e perduta”, che si spera porti attenzione sulla questione dei monumenti storici italiani, spesso abbandonati al declino edilizio ma pur sempre pulsanti di antichità e autenticità.

Molto soddisfatto di come è andato il Festival anche Bruno Murgia, presidente del Isre: “Abbiamo scelto il cinema per raccontare il mondo che cambia intorno a noi, l’Isre si conferma un grande istituto che produce cultura. Abbiamo avuto una grande partecipazione di pubblico, soprattutto giovane, tanti incroci con mostre e letteratura e, quindi, speriamo di fare una seconda edizione di IsReal”.

Qui i video dei protagonisti
Le impressioni di Alessandro Stellino, Bruno Murgia, Giovanni Columbu, Antioco Floris, Ignazio Figus e dei vincitori Jordi Morato e Irene Dionisio:
https://www.youtube.com/channel/UCuPU9B40xrwETPoT1LQj5PQ

Per info
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IsReal Festival


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IsReal continua a svolgersi con equilibrio di luoghi e prospettive filmiche, mentre una pioggia battente vorrebbe scoraggiare il numeroso pubblico che arriva entusiasta allo storico Auditorium Giovanni Lilliu. Alle 17 il Festival offre un momento di condivisione e di dibattito grazie alla presentazione del libro di Paola Pittalis “Parole e immagini. Il caso Sardegna”, pagg. 225, pubblicato dalla casa editrice Iacbelli.

Sono presenti l’autrice, il moderatore ed esperto di cinema Antioco Floris e i registi Salvatore Mereu e Giovanni Columbu.

Il libro nasce nel 2006 da un progetto sperimentato come attività didattica nell’Università di Sassari, in cui studenti ed esperti di cinema si confrontarono cercando di dare equilibrio e ordine a un dibattito disordinato che da sempre fa discutere le diverse categorie, ovvero come costruire il ponte che collega cinema e letteratura.

Salvatore Mereu apprezza il valore di questo libro poiché “esso getta luce su un cantiere ancora aperto che è quello del rapporto tra cinema e letteratura” e nel cui merito è intervenuto subito
dopo aver girato “Sonetaula”. Infatti, come ogni film che proviene da un opera letteraria, al regista risulta difficile proporsi al pubblico – lettore, che sul romanzo ha già una sua idea sui personaggi e sui luoghi del libro. Potrebbe essere un equivoco pensare che avere un romanzo di riferimento sia un vantaggio, prosegue il regista nuorese, in quanto le problematiche non sono poche: l’intreccio delle storie, i personaggi, l’eroe o l’antagonista, il conflitto si rimodulano in itinere, o forse già
dall’inizio, concorda Giovanni Columbu, per esempio, con la scelta del cast.

Con il suo “Arcipelaghi” infatti, tratto dall’opera omonima di Maria Giacobbe, si è arrivati con l’autrice “…ad un patto di infedeltà”, interpretando ogni modifica come un dovere ineluttabile nei confronti del film che sta nascendo.

Antioco Floris pone infine il quesito del linguaggio, in evoluzione costante, da inserire in un film che nasce da una ispirazione letteraria, perché “anche i suoni risiedono nell’immaginario del lettore”.

I personaggi, rispondono i due registi, possono utilizzare registri linguistici dialettali, a discrezione di interpretazioni personali sullo scrittore. E’ complicato, continua Mereu, quando l’autore del
libro che vorresti riprodurre, è scomparso e vorresti discutere di particolari che affascinano.

Paola Pittalis interviene precisando che il libro è il frutto di un lavoro collettivo, di un percorso su più chiavi di lettura, in cui anche il rapporto tra radici e contemporaneità ha una forte valenza.

E’ offrendo un’opportunità di valutazione come i film che si ha l’idea corretta tra globalità e contemporaneità, con personaggi che grazie al film si realizzano e diventano attuali, multidentitari
e non autoctoni, senza discostarsi dalla genesi letteraria che li ha creati, rinascendo in ogni luogo e in ogni tempo. (m.a.g.)

In un clima improvvisamente invernale, con la città di Nuoro interessata da piogge e improvvise raffiche di vento, si è svolta la quarta giornata di IsReal, il Festival di cinema del reale.

La programmazione è cominciata di prima mattina con due opere fuori concorso: il primo, “La cupola” di Volker Sattel, in proiezione alle ore 10. Il film, raccontando della realizzazione di un’abitazione futurista e bellissima, sulla Costa Paradiso, appartenuta ad Antonioni, rivela anche un aneddoto sulla Sardegna di quegli anni. “Michelangelo Antonioni voleva girare Professione Reporter sull’Isola rossa, ma la Regione non diede l’autorizzazione e il maestro andò in Spagna”.

A seguire, alle 11, “Il presagio del ragno” di Giuseppe Casu. Reti, zavorre, cavi e ancore raccontano un mondo tra terra e mare, gli ultimi interpreti di una millenaria tradizione estranea a qualunque stratificazione industriale: la pesca del tonno. Grande l’affluenza del pubblico, in gran parte giovane, a rimarcare l’impegno e la volontà degli organizzatori del Festival, in primo luogo il presidente dell’Isre Bruno Murgia e il direttore artistico Alessandro Stellino, di coinvolgere nella manifestazione soprattutto i ragazzi, sia con il concorso a loro dedicato, sia creando un’apposita giuria giovani.

Dopo la pausa, nel pomeriggio luci spente in sala e via con la “La famiglia chechena” di Martìn Solá: l’autore, dopo aver raccontato la resistenza palestinese e la prigionia nelle carceri israeliane, si sposta nel Caucaso per scavare nel profondo della spiritualità cecena, interrogandosi sulla fede e sulla religione come forme di resistenza.

Alle 17 spazio alla letteratura, con la presentazione del volume “Parole e immagini. Il caso Sardegna” di Paola Pittalis. Sono intervenuti Giovanni Columbu, Salvatore Mereu e Antioco Floris.

Alle 18.00è iniziato un altro film in concorso, “Sobre la Marxa” di Jordi Morató. La storia è quella di un uomo che per sfuggire alla civilizzazione costruisce vere e proprie città immaginarie. Garrel, il protagonista, è un personaggio originale e un utopista: sogna un mondo lontano dalle costrizioni sociali e si richiama a una vita atvica. Alle 21 poi l’attesa proiezione del capolavoro di Pietro Marcello, “Bella e perduta”. “Il film” spiega l’autore, che incontrerà il pubblico domani alle 11,30, “inizialmente era stato pensato come un viaggio sulle tracce di Piovene che, negli anni Cinquanta, fece per la Rai un’inchiesta sullo stato di saluto delle opere d’arte in Italia. Mi interessava capire quale fosse la temperatura del Paese oggi, sondarla per mezzo di un’indagine filmica, poi Bella e perduta si è trasformato in qualcosa d’altro”. Uno sguardo sul mondo originale e prezioso, quello di un bufalo di nome Sarchiapone.

A fine serata, il Presidente della giuria Giovanni Columbu ha rilasciato alcune dichiarazioni. Ecco la sua intervista.

Diceva Renè Magritte che la realtà non si percepisce, la realtà si crea. Giovanni Columbu, regista di documentari come Dialoghi Trasversali (1981) e Visos (1985) e di lungometraggi come Arcipelaghi (2001) e Su Re (2012), racconta la sua personale weltanschauung durante IsReal, dove ricopre il ruolo di Presidente della giuria.
“Sono lieto di essere il essere il primo presidente di giuria del Festival” dice “soprattutto perché i film visti sino adesso sono tutti molto belli, tutti molto interessanti. Fanno riflettere e hanno contenuti di innovazione, di ricerca e pensiero. Il mio grande apprezzamento per Alessandro Stellino, direttore artistico dell’IsReal, trova conferma nella scelta dei titoli proposti in programma”.
Columbu, cos’è il cinema del reale?
Un lavoro non troppo dissimile da un qualunque altro lavoro cinematografico. Gran parte dei miei lavori sono documentari, ma nella loro realizzazione mi sono trovato sempre in bilico tra l’aspetto documentaristico e quello di finzione. Visos è un esempio: nato come reportage, è diventato un documentario a sfondo antropologico, poi, trattando di sogni, inevitabilmente è sconfinato nella finzione. Ogni documentario rimanda molto al cinema in cui si racconta una storia a soggetto. Il doc non esclude un impianto ideativo, un approccio particolare, c’è ogni volta lo sguardo di chi racconta.
Lei presenta all’Isreal anche un corto, fuori concorso: L’autobus. Che film è?
Una storia d’amore, prima di tutto, ed è un qualcosa questa che non ho mai girato prima. Torniamo ancora al discorso che abbia fatto. L’autobus è un corto nato con una sceneggiatura, che poi ha finito in certa misura per diventare un documentario. I due ragazzi protagonisti si innamorano davvero, si crea una simpatia vera mentre recitano”.

Finzione e realtà, ancora una volta, si fondono.

Per info
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IsReal Festival


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Enzo torna a casa dopo una lunga assenza e nel tragitto ripercorre i luoghi del suo passato, ricercandone i tratti ormai scomparsi: Genova, livida città di mare, è ormai in dismissione. Inizia così La bocca del lupo, primo film fuori concorso del regista e sceneggiatore casertano Pietro Marcello (Auditorium Lilliu, 8 aprile alle ore 18). Nella vecchia casa del centro storico l’aspetta Mary, la compagna di una vita. Nella loro piccola abitazione si sono attesi e amati per tanto tempo, a distanza, per mezzo di audiocassette inviate di nascosto tra le sbarre di un carcere. La bocca del lupo è un’ode malinconica a un mondo perduto e un’affermazione di libertà assoluta. In controtendenza rispetto al cinema contemporaneo, Pietro Marcello rifiuta il digitale e adotta la pellicola, lavorando con la testura in maniera archeologica.

Bella e perduta (9 aprile, ore 21) racconta invece di Pulcinella, servo sciocco incaricato di mantenere il dialogo tra il mondo dei vivi e quello dei morti. Inviato nelle viscere del Vesuvio per esaudire le ultime volontà di un pastore, custode dell’antica reggia di Carditello, abbandonata nelle campagne del casertano, dovrà mettere in salvo un giovane bufalo di nome Sarchiapone.

Pietro, la retrospettiva rientra nell’Arte del reale. Qual è il tuo sguardo sulla realtà?

“La realtà di per se non esiste, esiste la trasposizione del reale. Lo sguardo sulle cose. Reale può essere anche la ricerca di una fuga dalla vita. Io racconto l’Italia, il territorio e la sua umanità. I personaggi delle mie opere sono come l’uomo in rivolta di Camus, che si ribella alla modernità che non si prende cura delle cose e che invece si preoccupa, presta attenzione a ciò che è stato, è stato tramandato, ha cura morale, prima che materiale”.

In una chiave esistenziale, potremmo parlare di un uomo ferito in un mondo ferito.

“L’industrializzazione posticcia ha creato solo ferite. Siamo intrisi di bellezza e di memoria ma siamo diventati profondamente cinici. Carditello potrebbe essere un patrimonio assoluto, diventa una discarica. Bella e perduta è una metafora: quella reggia rappresenta tutti noi”.

Qual è la via d’uscita da questo buio che ci avvolge?

“La terra: che si rigenera, che si ribella per prima. La rivolta esistenziale come unica strada. Il bufalo è la chiave per capire dove dobbiamo posare lo sguardo: un animale considerato inutile, oggi, perché non produce direttamente qualcosa. Che può diventare un amico, come al tempo dei romani, se solo riusciamo a rovesciare lo sguardo”.

Gli applausi accompagnano i titoli di coda. La sala si illumina e i ragazzi della Giuria giovani si guardano intorno soddisfatti, mentre si preparano a elaborare i giudizi sui film appena trasmessi. I pareri divergenti e le diversità di vedute animano da subito il confronto, mentre due di loro discorrono sulle tecniche di regia e sulle tematiche affrontate dalle due giovani registe, pressoché loro coetanee.

Traspare un fermento e una curiosità intellettuale tipicamente giovanile e le idee e gli spunti circolano vorticosamente, facendo emergere nuove energie e prospettive interessanti.

– IsReal è il reale. E il reale è giovane?

“L’elemento comune dell’età ci mette a nostro agio. Qui a IsReal ci sono moltissimi giovani, e registi con cui poter dialogare e rapportarsi con loro senza confini generazionali. Possiamo porre ai registi ogni tipo di quesito sul film, per esempio io ho chiesto – interviene Daniel- sulle difficoltà nel girare su terre ostili alle donne”.

“Infatti – risponde Irene Dionisio – gli uomini tunisini, durante la lavorazione del documentario “Sponde. Nel sicuro sole del nord”, non rispondevano a me, ma al fonico.” Si avvia un dibattito sui rischi che si corrono a girare con una macchina da presa in territori poco
frequentati, sul coraggio del voler documentare la realtà.
“Non conta l’età – prosegue Carla scuotendo la testa- ma la mentalità. Il punto di vista cinematografico di un regista esperto offre prospettive di maturità di cui noi giovani necessitiamo.”

– Il direttore artistico Alessandro Stellino propone un ricambio culturale generazionale. Si inizia da IsReal?

“Sicuramente IsReal offre una possibilità. E’ già un ottimo inizio”.

Proseguono i lavori. La vivacità con cui discutono sulle società maschiliste, sulla peculiarità dei documentari, sulle prospettive generazionali danno la misura di quanta qualità ci sia nelle loro parole e di quanto sia importante valorizzare questa generazione, sia essa di futuri critici cinematografici o di semplici spettatori. (m.a.g.)

E’ iniziata alle ore 16 la seconda serata di IsReal, il primo Festival di cinema del reale della città di Nuoro. Nella sala dell’Auditorium Giovanni Lilliu è andato in scena “Il silenzio” di Pelesian, di Pietro Marcello. Il film solleva un problematica affascinante: come si filma un cineasta? Marcello risolve la questione impiegando gli stessi strumenti del maestro: il montaggio e il sonoro.

A seguire, dalle ore 18, sono stati proiettati i primi film in concorso: “Territory” della giovane regista inglese Eleanor Mortimer, e “Sponde. Nel sicuro sole del Nord” di Irene Dionisio, storia di un’amicizia possibile tra Tunisia e Lampedura. Alle 21 infine “The living fire”, di Ostap Kostyuk, un ritratto poetico e malinconico, a tratti fiabesco, di una comunità apparentemente perduta nel tempo attraverso lo sguardo di tre generazioni.

Eleanor Mortimer, londinese di 28 anni, racconta la sua pellicola in questo modo: “Ho voluto posare uno sguardo ironico su un lembo di terra di confine, Gibilterra, dove gli abitanti del luogo convivono con una particolare specie di macachi. Gibilterrà è un luogo particolare, dove spesso i popoli delle due sponde tendono a pizzicarsi a vicenda, a provocarsi senza dialogare. Mi piace pensare che in questo contesto ci sia un terzo sguardo, quello degli animali, che godono di una particolare libertà, che li porta a stare dove più hanno piacere: ad avere mobilità. Questo film riguarda lo spazio e il movimento di animali e uomini”.

Eleanor racconta anche del suo nuovo progetto: “Sarà una storia più complessa, un lavoro più lungo, dove catturerò le voci prese al tlefono dei migranti che si trovano in un altro luogo di confine: Calais, in Francia”.

Qui l’intervista video:

Irene Dionisio, torinese di 28 anni, spiega invece il suo “Sponde, Nel sicuro sole del Nord”. Anche qui si parla di mondi che dialogano tra loro osservandosi in maniera speculare: quello della Tunisia e quello di Lampedusa. “Il punto di vista del film è quello dell’orizzonte. Ognuno ha la sua meta, il suo obiettivo; le storie parallele fano intrecciare persone e destini, in una ricerca costante di speranza. Sponde è la storia di due uomini, Mohsen e Vincenzo: il primo conserva oggetti e indumenti dei migranti che non ce l’hanno fatta a superare il mare, il secondo offre una degna sepoltura ai loro corpi”. La regista è sicura: “Il cinema supera le distanze, solo attraverso la comprensione reciproca è possibile trovare nuovi equilibri”.

Qui il video dell’intervista:

Per approfondimenti
www.isrealfestival.it

Grande successo di pubblico per la prima giornata di IsReal, il Festival di cinema del reale in programma a Nuoro dal 6 al 10 aprile. La giornata si è aperta con la straordinaria performance di Gavino Murgia. Il musicista nuorese ha sonorizzato dal vivo le immagini del film di Artavaza Pelejan, ‘Le Stagioni’. A seguire la proiezione in prima assoluta del film di Enrico Pau L’accabadora. Queste le dichiarazioni dei protagonisti e dei partecipanti.

A parlare del film il regista cagliaritano Enrico Pau (nella foto) si commuove. “E’ un’opera che ho in pancia da anni, quasi da dieci. E’ un tributo che ho voluto dedicare a mia madre e alla Sardegna del Dopoguerra. Una terra sventrata, distrutta, ferita ma combattiva. Nella figura di questa donna, riportata da una sfera ancestrale a una dimensione moderna, ho voluto far emergere la libertà e la volontà della donna. E’ bello pensare che la prima sia avvenuta proprio qui, a Nuoro, nel cuore dell’antropologia sarda: la mia Accabadora va però in controtendenza rispetto alla tradizione, presentando il travaglio interiore di un personaggio oggi più che mai attuale”.

Il produttore romano Francesco Panphili spiega perché abbia voluto fortemente questo film. “Ho un legame radicato con la Sardegna e con la sua gente: qui ho innanzitutto trovato persone di una qualità professionale e umana straordinarie. In secondo luogo sono rimasto affascinato da questa storia che è una metafora: quella della donna di ogni tempo che cerca in tutti i modi di sfuggire al proprio destino e di conquistare la sua libertà”.

Entusiasta l’Assessore regionale alla Pubblica istruzione, beni culturali, informazione, spettacolo e sport Claudia Firino: “Sono felice per l’opera e per il coraggio dell’Isre, che è riuscito a coinvolgere Sardegna Film commission e Fondazione Banco di Sardegna in un progetto che rafforza tutto il territorio e lo fa crescere. Sono lieta di annunciare che nella nuova legge Finanziaria sono state confermate le risorse per fare in modo che questo progetto vada avanti”.

Emozionato e felice del successo ottenuto dalla prima giornata del festival Bruno Murgia, presidente dell’Isre: “Oggi con IsReal abbiamo vinto una scommessa importante, coinvolgendo il territorio e la sua popolazione in una cinque giorni intensiva. La risposta entusiastica del pubblico conferma l’importanza della cultura e dell’arte come strumenti di riflessione, di dialogo e di sviluppo”.

Carlo Mannoni, Segretario generale della Fondazione di Sardegna: “Siamo riusciti a modulare il contributo in maniera brillante, siamo certi che questa iniziativa diventerà l’enzima per far germogliare e crescere le attività del Festival e quelle ad esso correlate”.

E’ intervenuto anche il sindaco di Nuoro, Andrea Soddu: “Questo Festival è uno strumento fondamentale per la città in ragione di una filosofia unisce il nostro microcosmo nuorese al mondo. L’auspicio è che sia il trampolino di lancio per una piattaforma culturale regionale più vasta. Ringrazio tutti coloro che hanno reso possibile la realizzazione di questo evento”.
Alessandro Stellino, direttore artistico del Festival, sottolinea un aspetto: “E’ bello pensare che IsRealfestival sia già uno strumento che mette in moto la politica culturale italiana. Abbiamo puntato sui giovani: giovani registi, giovane pubblico”.

Molto emozionata Stefania Grilli, co-autrice dei costumi (insieme ad Antonio Marras): “La mostra è impeccabile, allestita da professionisti, invito il pubblico a visitarla in questa cinque giorni. Grazie all’Isre che ha valorizzato un lavoro importante”.

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