Claire Simon – Le regole del gioco

Sono “geografie umane” quelle che la cineasta francese Claire Simon tratteggia da quando, giovanissima, ha preso tra le mani una camera Super8. La sua attenzione si è da subito rivolta alle persone che aveva intorno a sé, senza sentire il bisogno di andare lontano per trovare la materia di cui è fatto il suo cinema, umile, casalingo e curioso. Cogliendo pienamente la provocazione dell’imprescindibile inchiesta di Jean Rouch e Edgar Morin, che in Chronique d’un été (1960) interrogano i passanti su cosa sia la felicità per le strade di Parigi, dagli anni Ottanta ad oggi Simon elabora un percorso artistico che alterna film documentari e di finzione, con crescente precisione nell’analisi di un contesto sociale in cui i meccanismi del potere e il retaggio culturale appaiono sempre più sfuggenti.

All’interno della ricca filmografia dell’autrice, si è scelto di presentare in questo omaggio quattro film, realizzati in momenti diversi della sua carriera ma con al centro l’universo dei giovani e il loro confrontarsi con le regole della società: dal film rivelazione Récréations (1992, appena restaurato), ambientato nel cortile di un asilo infantile, al diario intimo 800 kilomètres de différence (2002), girato durante l’estate dei quindici anni di sua figlia, fino ai più recenti Le Concours (2016), spietata analisi del processo di selezione della più nota scuola di cinema di Parigi, la Fémis, e Premières Solitudes (2018), nato da un programma scolastico in una scuola superiore multietnica di periferia. Quattro tappe della crescita di ogni individuo: l’asilo e il tempo del gioco, le vacanze e il primo amore, la scuola superiore e il confronto con il mondo degli adulti, l’università e il giudizio degli altri sul proprio futuro diventano momenti chiave per raccontare la trasformazione dell’anarchia infantile in ubbidienza civile, in un processo di assorbimento dei diktat sociali che caratterizzano il tempo in cui si è nati.

Ne è uno straordinario emblema Récréations, capolavoro del cinema documentario, in cui i bimbi fanno il verso alla vita degli adulti, giocando a guardia e ladri o a marito e moglie, ma anche incarnando quella tensione unica tra il restare se stessi e il desiderio di diventare grandi vincendo le proprie paure, come accade alla bambina che chiude il film il suo agognato salto. Un balzo verso nuovi conflitti: quelli dei quindici anni di Manon, figlia della regista, che in un’assolata estate nell’alto Var si trova a vivere la sua prima storia d’amore, sotto gli occhi sorpresi e accoglienti della madre. Un primo amore che fa incontrare due mondi: quello borghese e parigino dell’autrice con quello più proletario della famiglia del ragazzo, che ogni notte lavora come panettiere in paese.

Nella solarità degli abbracci e delle risate c’è già l’ombra di una distanza sociale che segnerà la fine della relazione, utopicamente possibile solo negli spazi aperti di un’estate radiosa e nelle menti sognanti di due adolescenti. Dopo una lunga pausa, in cui Simon si è occupata in maniera antesignana sia dei temi del femminile (contro la nuova ondata antiabortista) sia della multiculturalità (di cui è da sempre una strenua indagatrice), negli ultimi anni ha realizzato a stretto giro due film su fasi estremamente delicate della crescita. In Premières Solitudes è entrata in una scuola superiore in punta di piedi, tanto da farsi accogliere nei momenti più intimi dei discorsi dei ragazzi. Se il film si apre e si chiude sugli schermi dei cellulari (quelli che sembrano minare la conversazione con i genitori e tra gli stessi ragazzi), nel film si delinea un’altra ipotesi sulla frattura con un mondo degli adulti spesso lontano dai propri figli, che ne soffrono in silenzio. La presenza attenta della regista diventa l’occasione di improvvise richieste d’aiuto, accolte dalla solidarietà dei compagni di classe, svelando come l’adolescenza (dietro ai balli e alle corse per i corridoi) sia il primo momento in cui si sperimenta il sentimento della solitudine, non colmato dall’intrattenimento virtuale offerto dalla tecnologia.

Il versante politico di questo documentario intimo e poetico è rappresentato da Le Concours in cui Simon segue il processo di selezione di una scuola d’eccellenza. In che modo i suoi colleghi registi, sceneggiatori e produttori, scelgono chi prenderà il loro posto? Vincerà uno spirito di conservazione o di innovazione? In una teoria di prove e interrogatori, si svelano le idiosincrasie di chi detiene il potere di compiere scelte determinanti per la vita di un ragazzo. E se la Simon fa parte di quel corpo docente, nel fare il film sceglie la parte dei ragazzi spostando progressivamente la sua analisi su chi sta dall’altra parte della cattedra. Perché il suo cinema, libero e potente, sarà sempre dalla parte di chi sta cambiando la società, scardinandone – anche solo per un attimo – le regole.

RÉCRÉATIONS
Francia 1992
AppleProRes, colore, 54’
v.o. francese sott. in italiano
scheda

800 KILOMÈTRES DE DIFFÉRENCE
Francia 2002
BetaSP, colore, 74 min
v.o. francese sott. in italiano
scheda

LE CONCOURS
Francia 2016
DCP, colore, 119 min
v.o. francese sott. in italiano
scheda

PREMIÈRES SOLITUDES
Francia 2018
DCP, colore, 100 min
v.o. francese sott. in italiano
scheda

CLAIRE SIMON (Londra, 1955) ha cominciato la carriera cinematografica come montatrice e regista. Nel 1990 vince con Les Patients il Prix de patrimoine a Cinéma du Reél e da allora alterna cinema documentario e di finzione. Tra i documentari ricordiamo Récréations (1992), Coûte que coûte (1995) e Mimi (2003). Sinon oui (1997) è il suo esordio nella finzione, seguito da Ça brûle (2006) e Les bureaux de Dieu (2008). Nel 2016 vince il premio Venezia Classics al Miglior documentario con Le Concours.

CLAIRE SIMON (London, 1955) began her film career as an editor and director. In 1990 she won the Prix de patrimoine at Cinéma du Reél with Les Patients and since then she alternates documentary and fictional cinema. Among her documentaries are Récréations (1992), Coûte que coûte (1995) and Mimi (2003). Sinon oui (1997) is her fiction debut, followed by Ça brûle (2006) and Les bureaux de Dieu (2008). In 2016 she won the Venice Classics Award for Best Documentary with Le Concours.