Immagini oltre il visibile

Immagini spettrali, immagini immortali. Ricorre in più momenti di questa seconda edizione di ISREAL l’idea che l’immagine, nel suo farsi presenza di un’assenza, traccia testimoniale di una materia e della sua stessa evanescenza, possa farsi tramite tra il mondo dei vivi e il mondo dei morti, tra ciò che è corporeo e la sua evocazione fantasmatica. Lo è in primis nell’opera che segna il ritorno di uno degli autori più radicali e visionari del cinema contemporaneo: Giovanni Columbu, che in Surbiles, a Nuoro in anteprima nazionale, compie un viaggio nel passato di una credenza atavica, riportandola all’oggi con la forza di una messa in scena che scardina i confini tra finzione e documentario. Opera speculare rispetto a Su Re, trova culmine in una scena di rara potenza, dove uno dei rituali topici della tradizione sarda si eleva a gesto universale di ascesa e liberazione. Immagini liberate, dunque, ma anche immagini in trance, immagini possedute, come quelle di Liberami di Federica di Giacomo, spaccato inquietante ed esilarante al tempo stesso di una pratica mai scomparsa: quella dell’esorcismo. Immagini liberate anche dal peso della gravità, come quelle che chiudono The Challenge di Yuri Ancarani, incursione abbacinante nel lusso desertico della falconeria in Qatar. Immagini che trascendono se stesse sono al cuore di Spira Mirabilis di Massimo D’Anolfi e Martina Parenti, compimento straordinario di un percorso che ha portato la coppia di documentaristi ai vertici del cinema internazionale.

A ISREAL vedremo tutti i loro film: dalle pratiche osservative di I promessi sposi e Grandi speranze, ai laboratori di forme di messa in sicurezza rappresentati dall’aeroporto di Malpensa in Il castello, il film che li ha rivelati, e dal Poligono sperimentale di Salto di Quirra in Materia oscura. Immagini invisibili, 10 immagini oltre il visibile: con l’ultima opera, dedicata al tema dell’immortalità, i registi si confrontano con la possibilità di un cinema alchemico, capace di far confluire gli elementi – la terra, il fuoco, l’aria, l’acqua – gli uni negli altri, e trascenderli nel gesto cinematografico. Per questa sua seconda edizione, inoltre, il Festival declina la propria natura in seno al Mediterraneo.

Il nuovo orientamento è ben rappresentato da un piccolo (solo per durata) film del concorso internazionale: Onomanzia di Fatima Bianchi, un’opera in cui l’autrice indaga il senso più profondo del nome proprio che le è stato assegnato in un viaggio per immagini, musica e danza dalla Palestina al Portogallo, da Marsiglia al nord dell’Africa, alla ricerca delle tante Fatima che popolano le coste del Mediterraneo. Attraversamenti di continenti, stratificazioni di immaginari sono anche alla base di Gondwana di Riccardo Giacconi, che parte dal cuore dell’Africa per arrivare a Pordenone, dove si trova l’unica comunità di Tuareg presente nel nostro Paese. Ed è ancora nel profondo continente africano che Filippo Ticozzi filma Moo Ya, sulle tracce di un cantastorie cieco che porta su di sé le tracce brutali del regime di Joseph Kony. Spira aria di guerra anche in Meteorlar di Gürcan Keltek, opera visionaria che si spalanca all’irrompere di una pioggia di meteoriti in grado di sospendere, anche solo per un momento, il caos imperante di un Kurdistan lacerato dai conflitti armati. Tempo sospeso come quello dei profughi di Idomeni in Spectres Are Haunting Europe di Maria Korkouta e Niki Giannari, accampati nel fango di una tendopoli, o quello del protagonista di Dark on Dark di Laurent Thivolle, figlio di un Re africano e ridotto a vivere da clochard per le strade di Tolosa. Ma c’è anche l’anziano cowboy dandy di Rio Corgo, di Maya Kosa e Sérgio Da Costa, viaggio nei meandri della memoria di un uomo la cui vita avventurosa echeggia ora lenta e assopita tra i vicoli di un villaggio portoghese. Mentre in House in the Fields di Tala Hadid due giovani sorelle dicono addio ai campi da gioco dell’infanzia per l’approssimarsi di un matrimonio che cambierà radicalmente le loro esistenze.

Il rapporto fra tradizione e innovazione caratterizza l’intero programma e il tema ricorre, sotto altra veste, anche nel concerto che chiude la manifestazione, un unicum che produrrà inediti stimoli sensoriali: l’esibizione di Iosonouncane e Paolo Angeli al TEN, due musicisti di enorme talento, per la prima volta insieme dal vivo.

Alessandro Stellino
Direttore artistico del festival IsReal