L’Enigma di Jean Rouch a Torino racconta l’avventura torinese di Jean Rouch che, nel 1984, dopo la proiezione di Dyonisos (1984) al festival Cinema Giovani, viene coinvolto da tre giovani filmaker, Marco di Castri, Daniele Pianciola e Alberto Chiantaretto, nel progetto di un film “dionisiaco” da realizzare a Torino.
Il progetto nasce in collaborazione tra Italia e Francia, e coinvolge istituzioni pubbliche, Comune di Torino, Regione Piemonte, Centre Culturel Français, il Centre National de Recherches e, per la prima volta nella sua storia, la FIAT, trasformando Enigma in un’operazione di prospettiva internazionale concepita all’interno del territorio urbano torinese.
Attorno al film infatti, viene organizzato il progetto “L’Occhio, La Macchina, La Città”: memorabili “lezioni di cinema verité” di Jean Rouch, vissute in prima persona da dieci videomaker torinesi under 30 che si confrontano con la realtà produttiva e i problemi di gestione di un vero film. Tra questi “enfants de Rouch”, anche i futuri registi Mimmo Calopresti, Alberto Signetto, Pierfranco Milanese, Tina Castrovilli, Mario Miyakawa, Stefano Tealdi.
Ma per il film vengono anche interpellati intellettuali come Primo Levi, che suggerisce di introdurre una “tribù di bambini”, e Oddone Camerana, allora responsabile delle Relazioni Esterne della Fiat, che fa ottenere la possibilità di girare all’interno della fabbrica.
L’Enigma di Jean Rouch a Torino restituisce una città oggi profondamente cambiata: la Mole Antonelliana, non ancora destinata a ospitare il Museo del Cinema; le rive del fiume Po trasformate in una giungla salgariana; il Castello di Rivoli appena ristrutturato, con la mostra d’apertura curata da Rudi Fuchs. E ancora Villa Gualino, residenza dell’industriale mecenate Riccardo Gualino, che s’innamora del cinema fondando la Lux Film.
Ma, al di là del cinema, queste immagini raccontano la volontà di Torino di guardare al futuro in quei primi anni 80, con l’ambizione di trasformarsi in un “laboratorio di idee”, un incubatore di scienza e di tecnica, ma anche di arte e di produzione dell’immaginario.
Una città in cui politica, lavoro e immaginario potessero trovare diritto di cittadinanza.