Cinema della rivelazione

di Alessandro Stellino, direttore artistico di IsReal

È con grande slancio che il nostro giovane festival, realizzato a Nuoro per la prima volta nel 2016, prosegue il proprio cammino sulla scorta di un’idea di crescita qualitativa ancor prima che quantitativa. Al riparo da qualunque mania di grandezza, coltiviamo l’idea di una manifestazione al servizio del cinema e della città che la ospita: prima vengono i film e il pubblico, il fare comunità intorno alla cultura; poi i riscontri dati dall’interesse crescente nei confronti di un evento le cui sole ambizioni sono – ancora e sempre – quelle di proporre il meglio del cinema documentario contemporaneo e di istituirsi come punto di riferimento per le nuove generazioni di cineasti volti a uno scambio critico e vivo con il mondo che li circonda. Nei sei giorni di maggio della quarta edizione di IsReal, i 35 film proposti racconteranno di un universo in perenne trasformazione e di un’arte che deve necessariamente fare altrettanto, perché mai come oggi il linguaggio del “cinema del reale” deve farsi carico di una responsabilità sociale e politica nel restituire la natura profonda dei conflitti e delle contraddizioni che attraversano i tessuti sociali e il vivere collettivo. Etica ed estetica si intrecciano indissolubilmente, laddove ogni immagine proiettata sullo schermo ha il dovere di rispondere contemporaneamente a un imperativo morale e artistico. Fuori da ogni ideologia preconcetta, il “cinema del reale” si manifesta nel segno della rivelazione, tanto per chi lo fa quanto per chi lo vede.

In questi ultimi anni, nessuno ha saputo farsi lucido e rigoroso interprete di quest’approccio più di Roberto Minervini, l’autore marchigiano (ma con sangue sardo nelle vene) a cui dedichiamo il nostro focus principale: nei suoi cinque film si compone il ritratto intenso e bruciante di un America in cui l’immigrazione, la mancanza del welfare, la disoccupazione diffusa, il rapporto con le armi, la sfiducia nei confronti delle istituzioni, il fenomeno dell’homeschooling e l’integralismo religioso sono all’ordine del giorno. Gli Stati Uniti di Donald Trump come nessuno ce li ha mai fatti vedere, si potrebbe dire, ma anche una modalità di messa in scena innovativa e unica, che scardina qualunque forma di distacco tra chi filma e chi è filmato, interrogandosi ancor prima sul perché fare cinema oltre che sul come. Realizzati insieme a un gruppo stabile e ristretto di collaboratori, i film di Minervini nascono dalla condivisione di un’esperienza e sono, nella loro forma conclusiva, il risultato di un viaggio che il regista compie al fianco dei propri “interpreti”, dove entrambi si mettono in gioco rinunciando a copioni prestabiliti, per operare una scoperta che riguarda in primis la consapevolezza del sé e della propria posizione all’interno del mondo. Puro “cinema di relazione”, a difesa di una dignità rappresentativa lontana dagli stereotipi e dai luoghi comuni di cui si servono le pratiche filmiche normative per rassicurare lo spettatore circa la distanza che lo separa dagli “altri”.

A favore della stessa idea di inclusività e della necessità di fare rete – una rete concreta, umana, non virtuale – abbiamo elaborato un ricco calendario di appuntamenti che scorre parallelamente alla programmazione di sala, con masterclass, incontri letterari e workshop formativi destinati a giovani registi, produttori, studenti di antropologia visuale e a tutti coloro che nei giorni dal 7 al 12 maggio vorranno contribuire a fare di Nuoro un centro attivo di pensiero, riflessione e creazione.

 

(english version, by Alessandro Stellino IsReal’s artistic director) – It is with great enthusiasm that our young festival, held in Nuoro for the first time in 2016, continues its journey with the aim of a qualitative growth even prior to a quantitative one. Far from any mania of grandeur, we cultivate the idea of an event at the service of cinema and the city that hosts it: first come the films and the audience, the idea of building a community around culture; then comes the feedback given by the growing interest in an event whose only ambitions are – again and again – to propose the best in contemporary documentary cinema and to establish itself as a reference point for the new generations of filmmakers willing to have a critical and lively exchange with the world around them.

In the six days of May, during IsReal fourth edition, the 35 films in programme will show of a universe in perpetual transformation and an art that must necessarily do the same, because never more so than today must the language of the “cinema of the real” assume the social and political responsibility of restoring the profound nature of conflicts and contradictions that run through social fabrics and collective living. Ethics and aesthetics are inextricably intertwined, and each image projected on the screen has to respond to a moral and artistic imperative at the same time. Beyond any preconceived ideology, the “cinema of reality” lives as a sign of revelation, both for those who make it and for those who watch it.

In recent years, no one has ever been such a lucid and rigorous interpreter of this approach as Roberto Minervini, the filmmaker born in the Marche (but with Sardinian blood in his veins) to whom we dedicate our central focus: in his five films, he composed a fiery portrait of the United States where immigration, the absence of welfare, widespread unemployment, the weapon issue, the lack of trust in institutions, homeschooling and religious fundamentalism are a daily concern. The United States of Donald Trump as no one has ever shown you, one might say, but also an innovative and original staging modality, which disproves any form of detachment between those who film and those who are filmed, posing the key question of why we make films, besides how. Made with a stable, tight group of collaborators, Minervini’s films are the outcome of both an attentive, sensitive observation and of a shared experience: the journey that the filmmaker takes alongside his ‘characters.’ Both parties put themselves on the line, giving up pre-established scripts, and set out to unravel not so much some artistic form but principally, or firstly, self-awareness and one’s position in the world. Pure “relational cinema”, in defense of a representative dignity far from stereotypes and commonplaces that normative, mainstream cinema uses to reassure the audience about the distance between themselves and “the others”.

In favor of the same idea of inclusiveness and the need to create a network – a concrete and human, not virtual, network – we propose a rich calendar of events that runs parallel to the film programming, with masterclasses, literary encounters and workshops for young directors, producers, students of visual anthropology and all those who, from 7 to 12 May, will want to contribute to making Nuoro a center of thought, reflection and creation.