LA IMPRESIÓN DE UNA GUERRA

Colombia, Francia 2015
16 mm su DCP, colore, 26 min.
v.o. spagnolo sott. in italiano
national premiere

Regia/Directed by
Camilo Restrepo

Sceneggiatura/Screenplay
Camilo Restrepo, Sophie Zuber

Fotografia/Cinematography
Camilo Restrepo

Montaggio/Editing
Bénédicte Cazauran, Camilo Restrepo

Suono/Sound
Josefina Rodriguez, Camilo Restrepo

Mix
Mathieu Farnarier

Musica/Music
Unos Vagabundos, Fertil Miseria

Produzione/Production
Camilo Restrepo, 529 Dragons

Distribuzione/Distribution
Collectif Jeune Cinéma (Europa)
Video Data Bank (USA)

Contatti
www.camilo-restrepo-films.net
www.cjcinema.org

Negli ultimi settant’ann la storia della Colombia è stata sconvolta da un estenuante conflitto armato, non ancora sedato. La molteplicità delle forze in campo (guerriglia, narcotrafficanti, forze militari e paramilitari, gang urbane) ha fatto sì che la violenza si radicasse in ogni aspetto della società. Restrepo ne rielabora l’essenza per mezzo dei segni lasciati in superficie sulla “pelle” della sua città natale, Medellín: le stampe difettose dei giornali, i tatuaggi dei detenuti delle carceri, le frontiere invisibili che delimitano le zone d’influenza delle gang locali, i centri di tortura che un gruppo di parenti delle vittime prova a salvare dall’oblio delle neo-urbanizzazioni, le grida di rabbia di un gruppo punk. La città diventa archivio, e la combinazione dei diversi elementi dà vita a un saggio filmico di grande intensità che trascende una prima lettura sul conflitto colombiano, disegnando la violenza come motore collettivo di un paese ferito, a cui nessuno può sottrarsi.

Over the past seventy years, Colombia’s history has been shaken by a grueling and still raging armed conflict. The multiplicity of forces involved (guerrillas, drug smugglers, military and paramilitary forces, urban gangs) has created a dynamic where violence is rooted in every aspect of society. Restrepo re-elaborates its essence by means of the signs left on the surface, on the "skin" of its hometown Medellín. Defective prints of newspapers, tattoos on the bodies of prison inmates, invisible borders that mark the areas of influence of local gangs, torture centers that a group of relatives of the victims tries to save from the oblivion of neo-urbanization, cries of anger of a punk group. The city becomes an archive, and the combination of different elements creates a powerful essay-film that avoids an easy reading of Colombian conflict, pointing out violence as a collective engine in a wounded country, a violence from which there is no one can escape.